Il Santo Natale si avvicina ... Il cuore si prepara alla festa ... Vi dono uno scritto di mio padre, il ricordo di un suo lontano Natale che conservo come un dono prezioso ...
RICORDO
DEL NATALE 1941
Come
ogni anno in questo periodo, le prime decorazioni natalizie, le prime luci
decorative, i primi slogan pubblicitari per la scelta dei regali fa fare, mi
portano a fermarmi un attimo, a rimanere in silenzio e a chiudere gli occhi per
ritornare a quando ero bambino … Sono passati davvero molti, troppi anni da
quel lontanissimo, ma mai sbiadito 1941 quando io e la mia famiglia fummo
sfollati dall’appartamento in cui abitavamo, pochi locali di proprietà della
Provincia, collocati al pian terreno e quindi più utili da adibire ad una sorta
di “pronto soccorso” per la Croce Rossa. Ci vennero assegnati due piccoli locali ad un
primo piano, scala esterna di assi di legno. Diventammo così i vicini di una
fornace di mattoni. Noi bambini trasformammo subito quel cambiamento in un
“nuovo gioco”: senza che nessuno se ne accorgesse, entravamo nella fornace per
procurarci qualche pezzo di creta e una volta a casa, gareggiavamo a realizzare
le statuine più belle da cuocere sotto la cenere quando c’era la possibilità di
accendere il braciere e di riscaldarci. La mia famiglia oggi sarebbe
considerata davvero numerosa: otto figli, di cui cinque maschi e tre femmine,
zia Carmelina che viveva con noi, mia madre e … mio padre che però si trovava
prigioniero di guerra in Inghilterra. La sopravvivenza proveniva solo da un
piccolo sussidio erogato dallo Stato. La Vigilia di Natale di quel lontano 1941
nella nostra casa davvero non c’era nulla. Nulla da mangiare. Nulla per
accendere il piccolo braciere. Ricordo come fosse adesso il freddo pungente e
la neve altissima di una Potenza completamente bianca. Mia madre all’epoca
aveva solo i suoi 36 anni, la sua numerosa famiglia e la sua acuta intelligenza
che tante volte ci aveva soccorso nei momenti più difficili e duri. Anche
quella sera trovò il modo di aiutarci a sopportare: ci ricordò che anche nostro
padre essendo prigioniero era sicuramente al freddo e aveva fame, ci invitò ad
essere solidali a distanza con lui. “Non sarebbe giusto che noi mangiassimo e
stessimo al caldo!” ci disse senza far trapelare tutta la tristezza che provava
nel non poter offrire proprio nulla ai suoi bambini e io che avevo solo 7
anni riuscii a capirlo solo molti anni più tardi ripensando a quel momento. Ma
ecco che avvenne un piccolo “miracolo”. Al piano sottostante la nostra
minuscola casa viveva un’altra famiglia, numerosa e povera come la nostra e
come la nostra generosa anche nel poco, nel quasi nulla che si possedeva. Fummo invitati a scendere nella loro
casa per passare la notte di Natale tutti insieme. Non vi dico la gioia e il
sapore di quella "cena" fatta solo di pochissimi mandarini e alcuni ceci arrostiti! Il poco veniva donato, condiviso ...La nostra
sera di festa si concluse con la Santa Messa di mezzanotte e il gioco con una
vecchia Tombola, neanche completa, trovata chissà dove. Nessuno pensò più al freddo, la fame sembrava lontana... Negli anni seguenti quella famiglia così
generosa si trasferì in provincia di Varese e dopo molti anni, ormai sposato e
con due figli, ebbi la possibilità di fargli una visita commossa e ancora piena
di gratitudine. Ancora oggi amo riunire tutta la mia famiglia per la Vigilia di
Natale, lasciando il 25 Dicembre solo per me e mia moglie.
Quel
lontano 1941 fu il mio Natale più povero e ... il mio Natale più bello.
E' un ricordo bellissimo e struggente di un tempo ,dove le poche cose che si avevano erano preziose e uniche.
RispondiEliminaAuguri Carlo.
tuo Massimo
Papà sarà felicissimo di questo tuo commento...Grazie da me e da lui che ti sente davero come un figlio in più...
RispondiEliminaGrazie per questo ricordo che mi dona la saggezza di una vita ricca e vera, non vissuta in prima persona.
RispondiEliminaGrazie a te Dolce Serena per aver accolto nel tuo cuore il senso di questo racconto che mi è così caro e che...ancora...mi commuove.
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